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Testimoni con il Paraclito

Gian Lorenzo Bernini, Basilica San Pietro ca. 1660

Si avvicinano i giorni della separazione tra Gesù e i discepoli: la sua presenza in mezzo a loro sta per concludersi e le parole dell'Evangelo di oggi preparano questo distacco: con una promessa e un compito. Anzitutto la promessa: "Quando verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre". Verrà il Paraclito. Questa strana parola greca è stata resa in latino con 'ad-vocatus' , chiamato vicino, accanto: di qui il termine avvocato, uno che per professione è chiamato a stare accanto, vicino per assistere e difendere chi è chiamato in giudizio. La fine della presenza terrena di Gesù non lascerà un vuoto: qualcuno starà accanto: lo Spirito che Gesù manderà, il suo Spirito. Compito dello Spirito sarà quello di rendere testimonianza a Gesù.

Ma che vuol dire "rendere testimonianza a Gesù?". L'evangelista descrive una sorta di processo che il mondo fa a Gesù mettendolo sotto accusa. A questo punto interviene lo Spirito Santo che appunto farà da testimone, prenderà le difese, deporrà a favore di Gesù. Davanti all'ostilità del mondo i discepoli saranno esposti al dubbio, alla tentazione di pensare che il mondo, avendo eliminato Gesù, ha avuto ragione, ha vinto e che quindi Gesù è perdente, sconfitto. Lo Spirito aiuterà i discepoli a stare dalla parte di Gesù, spiegherà ai discepoli la fortuna di essere dalla parte di Gesù. Ecco in che senso lo Spirito sarà testimone: ristabilirà di fronte al mondo la verità riguardante Gesù, proclamerà la sua vittoria e rivelerà così il peccato del mondo che non ha creduto in Gesù. Il tempo dopo Gesù non sarà vuoto, sarà abitato dal suo Spirito, ecco la promessa accompagnata da un compito per i discepoli: la testimonianza dei discepoli: "Anche voi mi renderete testimonianza". E i discepoli possono, anzi devono farlo perché "sono stati con Lui, con Gesù, fin dal principio". I discepoli che hanno ascoltato le parole del Maestro e per anni ne hanno condiviso la vita potranno dire, dovranno dire che in Lui, Gesù, quel Dio che gli uomini cercano, si è fatto vicino, uno di noi, uno per noi. E che in lui solo c'è salvezza.

Ma noi non lo abbiamo ascoltato con le nostre orecchie, non abbiamo camminato con Lui eppure siamo chiamati alla testimonianza. Abbiamo infatti la sua parola, e siamo chiamati a dire quanto la sua parola sia ancora oggi per noi decisiva. Fatichiamo a farla nostra eppure avvertiamo che questa parola è lampada ai nostri passi, luce per la nostra strada. Essere testimoni vuol dire far nostra la stupenda, struggente invocazione di Paolo VI: "Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi… per liberarci dalla disperazione e dalla negazione". Una testimonianza che potrà incontrare ostilità, rifiuto. Anzi, Gesù afferma, ed è parola di tremenda attualità: "Viene l'ora in cui chi vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E questo fanno perché non hanno conosciuto né il Padre né me".

Abbiamo conosciuto anche nella storia cristiana e oggi in certe frange estremiste dell'Islam l'uso della violenza in nome di Dio. Eppure leggiamo nel Corano questa bellissima affermazione: "Chi uccide un uomo uccide l'umanità intera e chi salva un uomo salva tutta l'umanità". Troppe volte le religioni hanno generato e generano fanatismo. Ma chi riconosce davvero il mistero di Dio che nessuno può sequestrare non potrà mai imporre con la forza una fede che deve scaturire solo dalla libertà.


Giuseppe Grampa


VI DOMENICA DI PASQUA 

At 26, 1-23

1Cor 15, 3-11

Gv 15, 26-16,4

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