Da quando, il 23 ottobre di un anno fa, era stata lanciata l’iniziativa de «La Tenda di Mamre», promossa dalla Cappellania del carcere di Opera nella casa che fu delle Suore di Maria Bambina, i parrocchiani di Maria Madre della Chiesa e delle nostre altre parrocchie sono rimasti in attesa di quel che sarebbe accaduto. Mesi di lavori, di ristrutturazioni, di progettazioni non hanno fermato l’accoglienza, che è ufficialmente iniziata con l’inaugurazione, avvenuta nel pomeriggio di domenica 15 settembre.
L’allestimento festoso organizzato dai volontari che prestano vari servizi in carcere non ha fatto rimpiangere l’accoglienza di Abramo ai tre personaggi misteriosi, nei quali era presente il Signore stesso, descritta nel capitolo 18 del libro della Genesi, episodio da cui questa nuova realtà caritativa ha tratto il nome.
L’arrivo delle autorità
Di lì a poco sono arrivate le autorità religiose e quelle civili: al primo gruppo appartenevano il vescovo monsignor Giuseppe Vegezzi, Vicario episcopale per la Zona Pastorale I (tornato dalle nostre parti dopo i festeggiamenti per il 40° di Misericordia Milano), monsignor Carlo Azzimonti, Moderator Curiae, e monsignor Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’azione sociale (sotto cui ricade anche l’ambito della cura pastorale per i carcerati).
Don Francesco Palumbo, in quanto cappellano a Opera, ha dato il benvenuto a loro e ai rappresentanti del Municipio 5, il Presidente Natale Carapellese e la Delegata ai rapporti con gli istituti penitenziari Elisabetta Genovese, oltre che al direttore dell’Istituto Penitenziario di Opera, Silvio Di Gregorio.
La benedizione sulla nuova iniziativa
L’inaugurazione ha visto come primo atto un momento di preghiera, accompagnato dai canti eseguiti da alcuni volontari, che ha visto al centro la proclamazione del capitolo di Genesi già citato, seguita dall’inizio del capitolo 43 del libro del profeta Isaia, proclamato in forma responsoriale.
Subito dopo, monsignor Vegezzi ha tratto alcune indicazioni dal testo biblico: «È questo il segno che deve sempre stare dentro nella nostra mente: dobbiamo far diventare non soltanto questa casa, ma un po’ tutte le nostre comunità cristiane, la nostra vita, delle tende di Mamre, della capacità di accogliere chi ha bisogno, per dare un sollievo».
Dall’accoglienza di Abramo, il Signore ha reso possibile l’impossibile, ossia che Sara, già anziana, potesse generare un figlio. Secondo Vegezzi, allora, «chi ha il cuore grande, capace di accogliere, capace di lasciarsi interpellare da chi ha attorno, dai bisogni di chi ha attorno, può allo stesso tempo fare grandi cose anche senz’accorgersene, perché Abramo l’ha fatto senz’accorgersene».
Da Decano aveva già visitato Maria Madre della Chiesa e la stessa casa delle suore. A quel pensiero, ha commentato: «Allora si accoglievano le suore con il loro apostolato, oggi si accolgono le persone che hanno bisogno di rinnovare la propria esistenza. Mi auguro che, non dico tra un anno, magari di più, possano capitare cose straordinarie com’è successo ad Abramo e Sara, con l’impegno dei volontari, con l’impegno di chi ha a cuore il bene dell’uomo e di ogni uomo». Quindi ha invocato la benedizione del Signore su tutti i presenti, sui volontari e sull’intera iniziativa.
Le parole delle autorità civili
Il dottor Di Gregorio ha invece sottolineato come la Tenda costituisca un luogo di «accoglienza calda, premurosa, che si prende cura delle persone», compiuta in totale assenza di giudizio e di indifferenza verso un tema scottante come quello della condizione dei detenuti; «luogo non di arrivo, non di approdo, ma un luogo di ristoro», dove, proprio grazie all’incontro con le persone esterne, possano «prendere fiato e soprattutto riconciliarsi con la comunità, quindi riprendere il cammino verso una meta che li porti a vivere all’interno della comunità e a espletare la propria personalità e quindi esprimersi nella comunità e soprattutto per la comunità, a favore della comunità, abbandonando l’egocentrismo per mettere al suo posto uno spirito di servizio, uno spirito nuovo».
Il presidente Carapellese, dal canto suo, ha ricordato le numerose occasioni di contatto tra il mondo carcerario di Opera e il Municipio 5, compresi alcuni incontri personali tra lui e don Francesco. A suo dire,
«dobbiamo trovare il modo per moltiplicare questi momenti e dare continuità. Con questa bellissima inaugurazione che avete previsto qui oggi, io credo che unendo le forze civili, laiche, religiose possiamo fare un passo avanti, un passo in più. In questo momento ce n’è grande bisogno».
Sulla scia delle preoccupazioni dell’Arcivescovo
Infine, prima della visita alla casa per le autorità, ha preso la parola monsignor Bressan, il quale ha fatto riferimento a quello che l’Arcivescovo monsignor Mario Delpini aveva consegnato al Consiglio Episcopale Milanese, lo scorso mercoledì: la sua preoccupazione perché le morti che hanno segnato l’estate appena trascorsa non interrogano le coscienze.
Secondo Delpini, «siamo un po’ come la città di Gerasa: arriva Gesù, trova questo indemoniato presente nella città, lo libera e i geraseni dicono il loro fastidio a Gesù; anziché rallegrarsi per un uomo liberato dalla morte, gli dicono: “Perché l’hai fatto?”. Sostanzialmente, è come se volessimo mantenere questo clima, negare tutto quello che succede perché tutto vada avanti come prima».
Invece quella compiuta alla Tenda di Mamre, ha continuato Bressan, «diventa un’azione come quella di Gesù, che “buca”, che aiuta a capire, che aiuta a vedere» e quindi «porta vita in un mondo di morte». «Sentiamo dalla nostra parte l’Arcivescovo, che davvero dice di sostenere questi aspetti, anzi, troverà il modo anche di renderli pubblici dal suo punto di vista; perché è così che portiamo vita e aiutiamo noi a capire qual è la vera vita perché altrimenti, non ce ne accorgiamo, ma moriamo dentro».
La visita ai quattro punti d’incontro
Mentre i rappresentanti diocesani e civili venivano guidati da don Francesco nella casa, gli altri presenti si sono divisi nei quattro punti in cui veniva presentata la vita del carcere. Il primo era dedicato alla ripartenza, mediante l’ascolto, a piccoli gruppi, delle testimonianze di alcuni detenuti che stanno vivendo percorsi di ritorno a una vita più comune. Il secondo permetteva di toccare con mano la presenza della Chiesa in carcere, raccontando ad esempio cosa la Cappellania carceraria mette in atto tramite i propri membri e i volontari.
Ha suscitato sorpresa e apprensione il terzo punto, sulla vita in carcere: alcuni pannelli di compensato delimitavano uno spazio del tutto identico, per dimensioni e arredo, a una cella come quelle di Opera. «Onestamente, questa cella è migliore di quella che abbiamo lì», ha quasi scherzato uno dei detenuti in permesso temporaneo, che guidava alla visita: «Al momento posso uscire il mattino e tornare la sera, quindi non sono ancora autorizzato a restare fuori, però mi piacerebbe stare in questa casa».
Infine, la visita alla casa vera e propria, con un’altra attività in cui una volontaria indicava ai passanti come riscoprire l’opera d’arte che è in ciascuno, e una gradita pausa caffè. Chi si è trattenuto oltre il pomeriggio ha poi potuto ascoltare altri testimoni, durante la cena a base di panini e hamburger.
visitapianetaopera@gmail.com è il nuovo contatto a cui ci si può rivolgere, per dare ogni tipo di contributo, indicazione, considerazione per migliorare l’accoglienza e l’incontro con i “tesorucci”, come li chiama don Francesco, così da sentirli ancora più vicini.
Un’ultima parola da monsignor Bressan
Prima che lasciasse Maria Madre della Chiesa, siamo riusciti a raggiungere monsignor Bressan, per chiedergli un’impressione a caldo su questa visita.
Emilia Flocchini
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